Attacco di panico.

paura

In quest’età moderna in cui si è sempre di corsa, presi da mille impegni e pensieri capita (più spesso che in passato) di ritrovarsi a soffrire di disturbi d’ansia.
Che si tratti però di veri attacchi di panico non è detto. Internet alla mano, diagnosi fai da te e si stabilisce di essere in preda ad un attacco.

Ma… cos’è un attacco di panico?

Secondo il Manuale Diagnostico dei Disturbi Psichiatrici (DSM IV), si tratta di attacco di panico se si è colti per 10-20 minuti da uno stato di terrore, cui si accompagnano sintomi fisici. In particolare, deve essere presente una combinazione dei seguenti sintomi:
Tachicardia
Senso di soffocamento
Ipersudorazione e vampate di calore
Brividi o tremore
Nausea o mal di stomaco
Sensazione di vertigini, senso di svenimento o stordimento
Sensazione di irrealtà o sentirsi distaccati
Paura di morire, di perdere il controllo o di impazzire.
[Falabella, ABC della Psicopatologia, Ed. Ma. Gi., Roma, 2001]

A volte la presenza di questi sintomi inducono le persone a pensare di avere un attacco di cuore e si rivolgono al pronto soccorso o al medico. È possibile che sia un episodio sporadico cui non ne seguiranno altri o che si instauri un disturbo da attacco di panico, per cui si verificheranno più episodi combinati con cambiamenti nel comportamento e con la paura (a volte invalidante) di avere altri attacchi.
In ogni caso, nonostante l’attacco in sé dura solo pochi minuti, i suoi effetti potranno farsi sentire per lungo tempo, trasformandosi in un vero e proprio trauma psichico.

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E’ possibile combattere i propri mostri!

Esiste una cura per gli attacchi di panico? Certo!
Ci sono diverse cose da fare se si soffre di un disturbo del genere, così da poter riprendere a vivere serenamente.
Innanzitutto, ci si deve fermare a capire cosa sta succedendo nella propria vita e che significato psicologico può avere un episodio del genere.
Inoltre, è consigliabile intervenire con dei controlli medici per escludere la presenza di correlati fisiologici (patologie cardiache, respiratorie o altro).
Per quanto riguarda i farmaci, è consigliabile assumerli solo quando questo disturbo è diventato invalidante per la persona, impedendogli quindi di compiere le sue normali attività quotidiane. In quel caso, ci si può rivolgere ad uno specialista Psichiatra. Tuttavia, non sono gli psicofarmaci da soli a risolvere il problema; essi si limitano a tenere sotto controllo i sintomi ansiosi.
L’unico trattamento che oggi si è dimostrato efficace è il sostegno psicologico o la psicoterapia. Questo perchè è così che si può individuare la radice del problema e intervenire sia sui sintomi che sul disagio psichico, prevenendo anche il rischio di ricadute future. Infatti, nel caso di ricadute, la persona, grazie alla terapia, avrà imparato come prendersene cura e quali possono essere le modalità efficaci per intervenire.
Importante può essere anche occuparsi del proprio corpo e imparare delle tecniche di rilassamento (ad esempio, il training autogeno).

Segreto professionale, cos’è?

    A cosa ci si riferisce quando si parla di segreto professionale?
    Come viene tutelato l’utente e la sua privacy?

    Ogni Psicologo deve attenersi nel suo operato al Codice Deontologico Nazionale (http://www.psy.it/lo_psicologo/codice_deontologico.html – questo è il link al sito, ma in seguito avremo modo di approfondire l’argomento). Tale codice si occupa di regolamentare l’operato dei professionisti così da tutelare loro stessi e i loro utenti.

    Diversi degli articoli contenuti nel codice sono dedicati proprio alla regolamentazione del segreto professionale. In particolare, l’art. 11 recita così:

    “Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.”

    Questo è molto importante perchè garantisce a chi si reca dallo psicologo uno spazio speciale e protetto per raccontarsi.

    Certo ci sono delle eccezioni, che riguardano, ad esempio, quei casi in cui la sicurezza per la salute o la vita dell’utente o di persone a lui vicine sono messe a rischio. Si tratta, dunque, di eccezioni aventi sempre come obiettivo la tutela della persona.

    Per altri casi ancora, esiste anche l’obbligo di referto e di denuncia, ma anche in quel caso il professionista è tenuto a non dire più del necessario.

    In ogni caso, lo psicologo fa firmare all’utente un consenso informato in cui lo rende partecipe dei suoi diritti e doveri all’interno della relazione terapeutica.

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A cosa mi ispiro nella professione

L’approccio che utilizzo è quello dell’Analisi Transazionale, un approccio psicoterapico integrato di cui una delle peculiarità è la semplicità del linguaggio utilizzato, accessibile a tutti coloro che vi si accostano (operatori e non). 

Mi sembra importante esplicitare i punti base dell’AT, la filosofia fondante, che ora è anche la mia. Si tratta di idee sull’uomo, sulla vita e su quelli che sono gli obiettivi del cambiamento.

I tre pilastri filosofici dell’AT sono:

Ognuno è OK. Questo è l’assunto fondante della teoria AT. Significa che tutti noi siamo dotati di valore e dignità in quanto essere umani, quindi è un’accettazione all’essenza dell’individuo più che al suo comportamento. Posso non essere d’accordo con ciò che fai, ma accetterò sempre ciò che sei. Inoltre, pone terapeuta e paziente sullo stesso piano, l’uno non è superiore all’altro. Questo principio vale a prescindere da razza, religione, orientamento sessuale, ceto sociale, ecc. Io sono ok, tu sei ok.

Ognuno ha la capacità di pensare. Secondo questo principio ognuno di noi è responsabile delle proprie scelte di vita, in quanto, a meno di gravi deficit cognitivi, siamo tutti in grado di pensare.

Ognuno sceglie il proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate. Secondo l’Analisi Transazionale siamo noi stessi i responsabili delle nostre emozioni e del nostro comportamento. Certo, gli altri, l’ambiente e le circostanze esterne possono esercitare una pressione su di noi, ma in ultimo siamo noi con una nostra decisione ad adeguarci a queste pressioni. Questo è molto importante, perchè ci apre la via del cambiamento. Infatti, essendo noi i responsabili delle nostre decisioni, abbiamo anche il potere di cambiarle. Come? Innanzitutto attraverso la comprensione profonda dei nostri schemi di comportamento, ma soprattutto attraverso la decisione attiva di cambiare questi schemi, così che questi cambiamenti possano rimanere nel tempo.

[cit. Stewart, Joines. “L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani”. Garzanti, Milano, 1990]
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