L’economia delle Carezze

Le carezze, le espressioni di amore, sono necessarie alla vita affettiva come le foglie alla vita di un albero. Se sono interamente trattenuti, l’amore morirà alle radici.
(Nathaniel Hawthorne)

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Quando pensiamo alle carezze ci viene in mente quel tocco morbido e delicato, un gesto d’affetto che si compie sfiorando con la mano.

Nell’analisi transazionale, con la parola carezza si intende qualcosa di più. Carezza è un’unità di riconoscimento.

Pensate, ad esempio, di trovarvi per strada e incrociare un vostro vicino di casa, gli sorridete e dite: “Che bella giornata!”. Lui, a sua volta, risponde: “Sì, proprio bella!” Ecco, vi siete scambiati una carezza, intesa, appunto, come modo di riconoscimento (io ti vedo, tu mi vedi). Immaginiamo che la scena fosse stata differente: al vostro “che bella giornata” il vicino passa facendo finta di non vedervi. Che cosa provereste a quel punto? Vi chiedereste almeno cosa è successo. Abbiamo bisogno di carezze, se non le riceviamo ci sentiamo deprivati.

Si parla di carezza quando si riconosce l’esistenza dell’altro e la comunicazione assume una valenza affettiva. Sorridere, toccare una spalla amichevolmente, ascoltare con attenzione, essere disponibili, questi sono esempi di carezze.

OLYMPUS DIGITAL CAMERASecondo Berne (il fondatore dell’analisi transazionale, ndr) le carezze rientrano nel nostro innato bisogno di stimoli di natura fisica e mentale. Per vivere abbiamo bisogno di cibo, allo stesso modo abbiamo bisogno di carezze: da piccoli siamo subito sensibili alla quantità e alla qualità delle carezze che riceviamo. Da adulti abbiamo ancora bisogno di questo, ma impariamo anche a sostituirlo con altre forme di riconoscimento (un complimento o anche un’occhiata storta, insomma qualcosa che ci faccia capire che la nostra esistenza è stata riconosciuta).

Tuttavia, i genitori insegnano ai figli delle regole restrittive riguardo alle carezze. Queste 5 regole sono:

Non dare carezze quando nei hai da dare

Non chiedere carezze quando ne hai bisogno

Non accettare carezze se le vuoi

Non rifiutare carezze quando non le vuoi

Non dare carezze a te stesso.

L’insieme di queste regole è quella che viene definita Economia delle carezze. Probabilmente, questo accade perchè i genitori tentano di imporre una sorta di controllo emotivo sui propri figli: insegnando ai bambini che le carezze sono limitate conquistano la posizione di “monopolisti di carezze”. Da adulti continuiamo ad obbedire a queste regole e questo ci toglie tantissima energia.

La verità è che le carezze sono disponibili in quantità illimitata. Dunque:

Possiamo dare una carezza ogni volta che lo vogliamo

Non importa quante ne diamo, esse non si esauriranno

Quando desideriamo una carezza possiamo chiederla e prenderla liberamente

Se non ci piace una carezza possiamo rifiutarla

Possiamo dare carezze a noi stessi.

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Un altro mito riguardante le carezze è che se devi chiederle esse perdono il loro valore. In realtà non è così, le carezze che potete ottenere chiedendole hanno lo stesso valore delle carezze spontanee.

Se volete essere coccolati, chiedete e accettate. Magari pensate che l’altro lo farà solo per gentilezza e non sarà sincero. Potrebbe essere così, ma potrebbe anche essere che l’altro non lo faccia solo perchè anche lui risponde alla regola del “non dare carezze quando ne hai da dare”. Voi potrete sempre riservarvi di valutare se la carezza ricevuta era autentica oppure no.

Possiamo dunque scegliere di rifiutare il nostro “addestramento di base” e decidere di comportarci in modo diverso, senza deprivarci delle carezze di cui abbiamo bisogno per vivere.

Un bambino che cresce senza una carezza, indurisce la pelle, non sente niente, neanche le mazzate” (Erri De Luca). E lo stesso vale anche per un adulto (aggiungo io).

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Bibliografia: 

Stewart, Joines, “L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani”, Garzanti, 1990. 

Berne, “Ciao! … E poi? – La psicologia del destino umano”, Tascabili Bompiani, 1964